LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 190/04 depositato
l'8  gennaio  2004 avverso Cartella di pagamento n. 07120030227690470
I.V.A.  +  IRPEF  1999,  contro  Agenzia  Entrate - Ufficio Napoli 4,
proposto dal ricorrente Marra Luigi Alfonso, Centro Direzionale G1 SC
P  17  -  80143 Napoli, difeso da Gaeta Giulio, via dei Mille n. 16 -
80100  Napoli,  terzi  chiamati  in  causa Esaban S.p.A. - Comm. Gov.
S.r.t. Prov. Napoli, via Palepoli n. 21 - 80100 Napoli.
    Processo  promosso  con  ricorso  iscritto al n. 190/2004 R.G.R.,
depositato  in  segreteria  l'8  gennaio  2004,  dal sig. Marra Luigi
Alfonso,  rappresentato  e  difeso  dall'avv. Giulio Gaeta, col quale
veniva  impugnata  la  cartella di pagamento notificata il 4 novembre
2003  contenente  n. 3  ruoli emessi e resi esecutivi rispettivamente
dall'Ufficio distrettuale delle II. DD. di Napoli, dall'Agenzia delle
Entrate  di  Milano  I  e  dall'Ufficio IVA di Napoli, per un importo
complessivo di 236.456,20 euro, relativo all'anno d'imposta 1999.
    A  scioglimento  della  riserva assunta all'udienza del 29 aprile
2004, il Collegio emette la seguente ordinanza.

                      Svolgimento del processo

    Il  sig. Marra Luigi Alfonso ha impugnato la cartella esattoriale
n. 071 2003 02276904 70 relativa all'anno d'imposta 1999 e contenente
ruoli  emessi  e resi esecutivi da diversi uffici finanziari (Ufficio
II.DD. e IVA di Napoli e Agenzia delle Entrate di Milano), evocandoli
in giudizio, unitamente all'Esaban S.p.A. concessionario del servizio
di riscossione per la Provincia di Napoli.
    Il  ricorrente  ha eccepito vizi di invalidita' della cartella di
pagamento sotto numerosi profili.
    In particolare:
        1)  l'illegittimita'  dell'iscrizione a ruolo per intervenuta
decadenza  rispetto  ai  termini  previsti  dall'art.  17  del d.P.R.
n. 602/1973 e tardiva notifica della cartella di pagamento.
    Secondo tale assunto, rileva il ricorrente, la liquidazione delle
imposte  (artt. 36-bis  del  d.P.R.  n. 600/1973  e 54-bis del d.P.R.
n. 633/1972)  dovrebbe avvenire attraverso l'iscrizione in ruoli resi
esecutivi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno
successivo  rispetto  a  quello di presentazione della dichiarazione,
tanto per le imposte dirette che per quelle indirette.
    Al  riguardo,  precisa  che non e' sufficiente l'esecutivita' del
ruolo  resa entro un certo termine, ma occorre che la cartella che lo
contiene  sia  notificata  al  contribuente  in  modo  da assicurarne
l'effettiva  conoscenza  -  nel  solco  delle disposizioni introdotte
dalla legislazione istitutiva dello Statuto del contribuente (art. 6,
comma  1,  legge  27  luglio  2000,  n. 212),  al  fine  di conferire
efficacia al ruolo, atto amministrativo ricettivo, diversamente privo
di rilevanza «esterna».
    Il  ricorrente  ritiene che il termine finale per la notifica del
ruolo  avrebbe dovuto coincidere con il 31 dicembre 2002, trattandosi
della   liquidazione   di  imposte,  effettuata  sulla  scorta  della
dichiarazione  ai fini IRPEF ed IVA relativa all'anno 1999, contenute
nel modello unico presentato nel 2000;
        2)  questione  di  legittimita' costituzionale per violazione
dell'art. 24  Cost.  in  relazione all'art. 17 del d.P.R. n. 602/1973
per  la  sussistenza  del  diritto in testa al destinatario di essere
posto  in  condizione di conoscere, attraverso l'ordinaria diligenza,
il  contenuto  dell'atto  e  l'oggetto  della  pretesa,  ben oltre la
garanzia di mera conoscibilita'.
    Ha osservato il ricorrente, al riguardo, che dall'interpretazione
letterale  dei  testi  normativi  vigenti  non  puo' non ricavarsi la
conseguenza  della  illegittimita'  costituzionale  di  tale norma di
carattere  sostanziale per violazione dell'art. 24 Cost. nel segmento
in  cui  non  prevede  che  nei  termini  di  decadenza  debba essere
ricompresa,  oltre alla apposizione del visto di esecutorieta', anche
«la notifica» del ruolo da parte dell'amministrazione finanziaria;
        3)  illegittimita'  delle  sanzioni  irrogate:  il ricorrente
lamenta    l'omessa   applicazione   delle   disposizioni   contenute
nell'art. 12  del d.lgs. n. 472/1997 in tema di cumulo giuridico e di
temperamento delle sanzioni irrogabili, da cui discende la previsione
di  trattamento  piu'  favorevole al contribuente in applicazione del
criterio di «unicita» della sanzione pecuniaria;
        4)  incompetenza per territorio dell'Agenzia delle entrate di
Milano  1  ed illegittimita' dell'iscrizione a ruolo di ritenute alla
fonte e oneri consequenziali;
        5)  sospensione ex art. 47 del d.lgs. n. 546/1992: istanza di
sospensione  del  pagamento  dei  ruoli per sussistenza di entrambi i
requisiti  del  fumus  boni  juris e del pericolum in mora, legato al
danno   grave   ed   irreparabile,  attesa  l'ingente  somma  pretesa
dall'erario.
    Il dcorrente ha concluso:
        in  via  preliminare, per la dichiarazione di rilevanza e non
manifesta    infondatezza   dell'eccezione   di   incostituzionalita'
dell'art. 17 del d.P.R. n. 602/1973;
        in  via  principale, previo accertamento dell'illegittimita',
annullare   o   dichiarare  la  nullita'  della  cartella  impugnata,
notificata il 4 novembre 2003, vale a dire tardivamente;
        in   via   subordinata,  dichiararsi  l'illegittimita'  delle
sanzioni,  rideterminandole in misura «unica» per tutte le violazioni
commesse e riportate nel modello unico 2000.
    Il  concessionario  della  riscossione, pur ritualmente informato
della  pendenza  del  giudizio, non risulta essersi costituito mentre
gli  uffici  finanziari  di Napoli 1 e 4 con comparsa di costituzione
depositata,  rispettivamente,  il  15  aprile  2004 ed il 12 febbraio
2004,   hanno   affermato,  ex  adverso,  la  legittimita'  dell'atto
impugnato,   l'infondatezza   della  questione  di  costituzionalita'
agitata   dal   ricorrente   e  l'inapplicabilita'  del  regime  piu'
favorevole  al  contribuente previsto dall'art. 12 d.lgs. n. 472/1997
in  tema  di  irrogazione  delle sanzioni, stante il contrario avviso
esplicitato  dalle circolari ministeriali richiamate, concludendo per
il rigetto del ricorso ed il difetto di legittimazione passiva per la
parte  relativa  alla  pretesa  tributaria vantata dall'Agenzia delle
entrate di Milano.

                         I n  d i r i t t o

    Preliminarmente deve osservarsi che dei quattro motivi svolti dal
ricorrente  a sostegno del ricorso proposto, il primo della decadenza
dell'azione  finanziaria di verifica della dichiarazione dei redditi,
ai  fini  IRPEF,  e  del  volume  d'affari,  ai fini IVA, per tardiva
notifica  della  cartella  va esaminato congiuntamente al secondo col
quale  e' stata posta la questione di legittimita' costituzionale per
violazione  dell'art. 24  Cost. in relazione alla omessa notifica dei
ruoli  entro  il  termine  di  decadenza  previsto per l'accertamento
tributario che si ritiene perfezionato con l'apposizione del visto di
esecutorieta', essendone comuni i presupposti e l'oggetto.
    Inoltre,  il  carattere  di  pregiudizialita' che la questione di
legittimita' sollevata dal ricorrente riveste ne rende prioritaria la
decisione  per  perspicue  ragioni logico-giuridiche, rispetto sia al
terzo motivo di illegittimita' delle sanzioni irrogate, che al quarto
relativo all'incompetenza dell'Ufficio finanziario di Milano.
    Il  Collegio  ritiene  la  questione  agitata  - che attiene alla
conformita'   dell'art. 17   del   d.P.R.   n. 602/1973  ai  principi
costituzionali  contenuti  nell'art. 24  Cost.  -  rilevante  per  la
decisione   della  controversia  mentre,  nel  contempo,  appare  non
manifestamente infondata.
    Quanto  al  primo  profilo,  occorre  precisare che il ricorrente
lamenta  l'illegittimita'  della  cartella  di  pagamento  impugnata,
essendo  stata  notificata  oltre  il  termine previsto dall'art. 17,
comma l, lett. A, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 concernente le
disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, applicabili
anche   alla   liquidazione   dell'imposta   dovuta   in   base  alle
dichiarazioni   presentate   dai   contribuenti  in  materia  di  IVA
(art. 54-bis del d.P.R 26 ottobre 1973, n. 633).
    Pertanto,  a  parere  del contribuente, la cartella di pagamento,
emessa  ex  artt.  36-bis  d.P.R.  n. 600/1973  e  riferita  all'anno
d'imposta  1999 andava notificata entro il 31 dicembre 2002, anziche'
il 4 novembre 2003, con la conseguente decadenza dell'amministrazione
finanziaria dall'esercizio dell'azione fiscale.
    Occorre,   a  questo  punto,  evidenziare  per  una  corretta  ed
analitica disamina della questione agitata che il Collegio non ignora
affatto  che  la suprema Corte gia' numerose volte si e' espressa sul
punto   statuendo   che,  per  effetto  del  combinato  disposto  dei
richiamati  artt. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973 e 17 d.P.R. n. 602/1973,
entro  il  31  dicembre  del  quinto  anno  successivo  a  quello  di
presentazione  della  dichiarazione i ruoli dovevano essere trasmessi
all'Intendenza di finanza (successivamente, Direzione regionale delle
entrate)   e  non  anche  notificati  al  contribuente  o  consegnati
all'esattore  (Cass.,  sez.  I  civile,  n. 7662  del 19 luglio 1999;
Cass., sez. tributaria, 8 marzo 2001, n. 3413).
    Il  novellato art. 17, comma 1, lett. A, del d.P.R. n.  602/1973,
nel testo sostituito dall'art. 6 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 -
il  cui  regime  e'  applicabile  alla  controversia in esame ratione
temporis (dichiarazione riferita all'anno d'imposta 1999 e presentata
nell'anno  2000)  - dispone che per le somme che risultano dovute dal
contribuente   a  seguito  dell'attivita'  di  liquidazione  prevista
dall'art. 36-bis  del  d.P.R.n. 600/1973  sono  iscritte,  a  pena di
decadenza,  in  ruoli resi esecutivi entro il 31 dicembre del secondo
anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
    Dall'interpretazione  condotta  con  mero  criterio  letterale ne
consegue che, onde evitare la decadenza dell'azione, l'A.F. e' tenuta
semplicemente  ad iscrivere le somme ritenute dovute dai contribuenti
in  ruoli  resi  esecutivi  entro i termini predetti, senza prevedere
pure  che entro i medesimi termini intervenga obbligatoriamente anche
la  notifica  dei  ruoli,  veicolata  attraverso  la  notifica  della
cartella  di pagamento che li contiene, ad essa equivalente (art. 21,
comma 1, d.lgs. n. 546/1992).
    Tuttavia,   il   Collegio   non  puo'  sottrarsi  all'obbligo  di
esplicitare alcune considerazioni di carattere generale e preliminare
che  involgono  principi  di diritto ormai penetrati nel c.d. diritto
vivente,   applicabili  anche  all'ambito  disciplinato  dal  diritto
tributario.
    Difatti,  non sfugge ai giudicanti che l'istituto giuridico della
decadenza   -   a   differenza  della  prescrizione  che  si  ritiene
comunemente  colpisca  l'inerzia  del titolare del diritto - presiede
alla   funzione  di  eliminare  un'incertezza  (per  tutti,  vedi  A.
Trabucchi,  Istituzione  di  Civile,  Cedam - Padova) correlata ad un
onere  di  compiere una determinata attivita' da parte di un soggetto
in  un dato termine finale, onde raggiungere un determinato risultato
o    avvalersi   di   una   facolta'   giuridicamente   rilevante   e
riconosciutagli.
    Orbene,  sembra  non  potersi  dubitare  che  il termine rigoroso
previsto  «a  pena  di  decadenza»,  se da un lato impone all'ufficio
finanziario   cui  e'  rivolto  di  compiere  un'attivita'  entro  un
determinato   periodo,   dall'altro   non   puo'   non  dirigersi  al
contribuente,  configurando  nei  suoi  confronti  una  posizione  di
vantaggio,  vale  a  dire  disponendo, in caso di inutile decorso del
predetto  termine  non  contrassegnato  dall'azione  accertatrice, la
decadenza dal relativo diritto vantato dall'A.F.
    La  ratio  della  norma  e'  evidente  e  desumibile dai principi
generali  dell'ordinamento  giuridico  che  impongono la certezza dei
rapporti  giuridici  e  l'esigenza  di  non lasciarli sospesi a tempo
indeterminato.
    Detti  principi,  calati nell'ambito dell'ordinamento tributario,
esigono  che  il  decorso  di  un certo lasso di tempo, stabilito dal
legislatore,   possa   ingenerare  nel  contribuente  il  ragionevole
affidamento  di  non essere successivamente esposto a pretese fiscali
giuridicamente vincolanti.
    Ne  discende che, se la norma e' finalizzata a conferire certezza
delle   situazioni   giuridiche   ed   e'  posta  nell'interesse  del
contribuente,    prevedere   che   l'attivita'   dell'amministrazione
finanziaria   sia  limitata  alla  mera  formazione  dei  ruoli  resi
esecutivi  anziche' estesa alla notifica dei medesimi al destinatario
e'  circostanza  che  ben  potrebbe  frustrare  i  principi giuridici
vigenti  e  svuotarla  di  contenuto,  non  sottraendosi nemmeno alla
censura  di  vulnerare  il  fondamentale  diritto di difesa contenuto
nell'art. 24 Cost.
    Invero   la  formazione  del  ruolo  e'  atto  meramente  interno
all'amministrazione,  che  si inquadra nel procedimento tributario il
quale   costituisce,   al   pari  di  altri  procedimenti  di  natura
amministrativa, fattispecie c.d. a struttura complessa, prevedendo le
fasi   successive   della   sua   consegna  al  concessionario  della
riscossione  e  della  sua  notifica  al  destinatario  attraverso la
cartella di pagamento che lo contiene.
    La  semplice  formazione  del ruolo, a parere di questo Collegio,
non perfeziona ancora il procedimento, rivestendo esso natura di atto
endoprocedimentale  e considerato il carattere unilaterale recettizio
del  provvedimento  conclusivo  del  procedimento  (quale l'avviso di
accertamento,  di  rettifica  o  la  cartella  di  pagamento), la cui
idoneita'  a  spiegare effetti giuridici impositivi avviene solamente
nel  momento  in  cui  esso  perviene  nella  sfera di conoscenza del
destinatario, argomentando ex art. 1334 c.c.
    Il Collegio non ignora affatto aspetti del diritto amministrativo
ormai   consolidati   che   prevedono  la  comunicazione  individuale
dell'atto  amministrativo  debba  avvenire  tramite  notificazione al
contribuente,  avvalendosi  finanche  del  servizio postale (art. 10,
comma 5, legge n. 265/1999) ma, soprattutto, rileva come il carattere
recettizio   si   attagli  ai  provvedimenti  -  nei  quali  sembrano
ricompresi   quelli  di  matrice  impositiva  o  fiscale  -  ritenuti
restrittivi  o  sfavorevoli  alla sfera giuridica del destinatario la
cui   efficacia,   in   caso   diverso,  ne  resta  irrimediabilmente
condizionata   rendendo  monco  o  incompleto  l'intero  procedimento
amministrativo    per    mancanza   della   fase   c.d.   integrativa
dell'efficacia.
    Ne'   puo'   trascurare  di  rilevare  l'esistenza  dell'istituto
giuridico  della  «piena  conoscenza»  e  dell'onere  di impugnare il
provvedimento (evidentemente gia' efficace) non appena abbia comunque
una capacita' lesiva o invasiva.
    Nel   caso   in   esame,  pur  considerando  che  il  termine  di
impugnazione non decorre che dalla notifica della cartella contenente
il  ruolo  reso esecutivo, la conclusione dell'intero procedimento di
accertamento mediante liquidazione delle imposte, effettuato ai sensi
del  combinato  disposto  degli artt. 17, d.P.R. n. 602/1973 e 36-bis
del   d.P.R.   n. 600/1973,  a  causa  dell'intenso  carattere  della
recettizieta'  della cartella impugnata che potrebbe comportare, come
corollario,  che  la pretesa erariale non portata a legale conoscenza
del   contribuente   destinatario  mina  direttamente  l'esigenza  di
certezza  dei  rapporti giuridici col fisco ed i principi di civilta'
giuridica,  attesa  l'eccessiva  dilatazione  del  tempo che potrebbe
trascorrere  tra  il fatto costituente il presupposto impositivo e la
sua  effettiva  contestazione  ad  opera  dell'A.F.  e del rischio di
compromettere  un'efficace,  anziche' indebolita, attivita' difensiva
determinata,   ad  esempio,  dalla  perdita  di  documenti  contabili
avvenuta  oltre  il termine legale stabilito per la loro obbligatoria
conservazione.
    Tale  esigenza e' ancor piu' avvertita, a parere del Collegio, se
valutata in riferimento alla non trascurabile circostanza evidenziata
dalla  difesa  del  ricorrente  in ordine al mutato quadro normativo,
intervenuto  per  effetto  delle  disposizioni contenute dall'art. 1,
comma  1, lett. B) del d.lgs. 27 aprile 2001, n. 193, in vigore dal 9
giugno  2001, che ha abolito il termine ristretto «dell'ultimo giorno
del  quarto  mese successivo a quello di consegna del ruolo» previsto
dall'art. 25 del d.P.R. n. 602/1973, entro il quale il concessionario
era tenuto a notificare al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato
la cartella di pagamento.
    Di  taleche' il Collegio ritiene indispensabile una rimeditazione
del  sia  pur  recente  orientamento  espresso  sia  dal  giudice  di
legittimita'  (Cass.  sez.  19  luglio  1999, n. 7662 e 8 marzo 2001,
n. 3413),  riguardante  la  previgente normativa, che dall'autorevole
affermazione del Giudice delle leggi (Corte cost., ord. 26 marzo 2003
-  1°  aprile  2003,  n. 107),  escludenti  la  paventata «indefinita
soggezione  del  contribuente all'azione esecutiva del fisco, essendo
l'esattore  soggetto  ai  ristretti termini di cui all'art. 25 citato
per  la  notificazione della cartella», termine finale pero' non piu'
esistente,  come rilevato in precedenza, e la cui assenza dilaterebbe
a  dismisura  il  periodo temporale utile per l'accertamento fiscale,
avvantaggiando irragionevolinente la p.a.
    In disparte da qualsiasi apprezzamento valevole obiter dictum, la
posizione  del  contribuente rileva anche sotto l'altro profilo della
soggezione   ad   accertamento   conseguente  a  verifica,  ai  sensi
dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 per la cui posizione, seppur piu'
lieve,   sarebbero  paradossalmente  previsti  termini  di  decadenza
dell'azione   accertativa   piu'   lunghi   rispetto  a  quello  c.d.
«ordinario»  contemplato  dall'art. 43  d.P.R.  n. 600/1973, il quale
prevede  espressamente  che  entro il termine di quattro anni avvenga
anche la notifica dell'atto al destinatario.
    La   considerazione  appena  svolta,  seppur  non  sollevata  dal
ricorrente,  fornisce  tuttavia  elementi di valutazione in ordine al
contrasto  della  norma  denunciata,  con  il  canone  costituzionale
scolpito  nell'art. 3,  sia  sotto  il  profilo  della  disparita' di
trattamento tra contribuenti che dello scrutinio riferito ai principi
di  logicita',  coerenza, adeguatezza e ragionevolezza che presiedono
alla   legittimita'   del   comportamento   della   p.a.   volto   al
contemperamento  dei diversi interessi protetti perche' meritevoli di
tutela,   siano   essi   pubblici   che   privati   (Cons.  St.,  Ad.
Plen. n. 3/1993).
    Se  ne ricava che le riflessioni evidenziate non contribuiscono a
fugare,  pertanto,  ogni  dubbio di legittimita' costituzionale della
norma   contenuta   nell'art. 17   del  d.P.R.  n. 602/1973,  laddove
l'assetto  dei  diversi interessi coinvolti non si ispiri a coniugare
l'esercizio  del  diritto di accertamento del fisco con l'esigenza di
certezza  delle  situazioni  giuridiche  e  del  rispetto del diritto
inviolabile  di  difesa,  la  cui  effettivita' postula la necessaria
conoscenza  dell'atto  impositivo  da  parte del suo destinatario nel
solco  di un'interpretazione adeguatrice costituzionalmente orientata
e legittima (Corte cost., ord. n. 107/2003).
    Il    Collegio,    pertanto,    intravede    quei    profili   di
incostituzionalita'   per   rimettere   al   giudizio   della   Corte
costituzionale  la  questione  concernente  le disposizioni contenute
nell'art. 17  del d.P.R. n. 602/1973, in relazione dell'art. 24 della
Costituzione.